lunedì 5 novembre 2007

Bello, onesto... immigrato!


In questi giorni a seguito degli ultimi fatti di cronaca è entrato ancor più prepotentemente nei dibattiti mediatici il tema della “criminalità straniera”.

Avevo iniziato una ricerca su basi statistiche per affrontare il tema immigrazione-criminalità ma poi leggendo numerose tabelle e dati più o meno ufficiali e più o meno bene interpretati o strumentalizzati ho interrotto le mie ricerche. Il pensiero che mi è sopraggiunto potrà anche sembrare riduttivo o banale a qualcuno ma per me vale la pena scriverlo.
Come premessa vorrei esporre una domanda che spesso mi pongo: perché quando un reato e commesso da un italiano viene introdotto dai media come atto criminale di un delinquente, uno squilibrato, un violento e altri aggettivi del genere; e quando invece è uno straniero a commettere un reato ci viene detto: un romeno, un marocchino, un africano o altre nazionalità???
Credo che i media inducano o meglio provino ad indurre negli utenti, concetti preconfezionati che nei casi di persone in cui gli stessi media rappresentano l’unica forma non solo di informazione ma di educazione culturale vengono interiorizzati e quindi fatti propri senza una vera analisi critica dei fatti.
Personalmente le strumentalizzazioni non mi piacciono per niente e anzi credo che i casi vadano analizzati uno ad uno nelle loro specificità. L’errore più grave infatti è quello di cadere nelle facili generalizzazioni che indicano nient’altro che una ottusa mentalità priva di qualsiasi logica plausibile. Dire che un rumeno ha ucciso una ragazza non significa che i rumeni sono delinquenti. Mi sembra ovvio infatti che è quel rumeno che è un delinquente e non c’è dubbio che debba pagare con il massimo della pena ma non altri rumeni che fanno la propria vita magari anche ben inseriti nella società italiana. Fare rappresaglie sommarie contro romeni del tutto estranei alla vicenda è un atto criminale gratuito.
In Thailandia , ad esempio, sono moltissimi i nostri compatrioti che con uno stipendio mensile medio in italia vivono circa 3 mesi in quel paese approfittando della povertà estrema in cui versano quelle popolazioni comprando prestazioni sessuali da bambine e bambini anche al di sotto dei 10 anni di età.
Ancora, quella italiana è una nazionalità molto diffusa tra “turisti del sesso” in paesi come Brasile e Cuba.
Durante il boom dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti così come in Canada, Venezuela, Argentina, Australia… emigrò anche parte dell’organizzazione italiana più redditizia: “la mafia”.
In queste nazioni “l’italiano” come dovrebbe essere visto???
E’ evidente che la nazionalità della persona è irrilevante e ciò che conta è l’atto compiuto da questa. La pedofilia, il turismo sessuale o la mafia non caratterizzano tutti gli italiani ma quelle persone specifiche.
Volendo fare un esempio più vicino alla comunità senisese, probabilmente molti hanno in famiglia, o tra gli amici, emigrati al Nord o all’estero per motivi di lavoro. I nostri bis-nonni, nonni, padri, zii, fratelli sono emigrati ed emigrano in parte per le stesse motivazioni per cui gli stranieri emigrano in Italia: l’insufficiente retribuzione nei propri paesi d’origine o la totale disoccupazione e mancanza di prospettive professionali e di vita. Tra tutti gli emigrati del Sud ci sono stati anche delinquenti ma probabilmente a qualche nostro onesto compaesano sarà capitato di esser additato come “terrone scansafatiche” o “ladro mafioso”. La riflessione precedente credo sia facilmente e logicamente applicabile in questo caso.
Giudicare le persone in base alla nazionalità è un comportamento che denota solo una triste mancanza di apertura mentale. Infatti non si può distinguere tra rumeni e onesti o marocchini e onesti e così via; ma solo tra ONESTI e DISONESTI di qualunque nazionalità. Gli onesti vanno tutelati e i disonesti condannati.
Per questi motivi analizzare studi statistici mi è risultato incompleto e forse, per questo tipo di ragionamento, anche inutile. Dei dati non possono e non devono (non dovrebbero) portar fuori dalla logica umana e civile.
Si può parlare delle modalità di accesso all’Italia, delle tecniche di inserimento che dovremmo sviluppare, delle strutture di accoglienza insufficienti (di come vengono spesi i soldi pubblici!), del problema della mancanza della certezza della pena… ma non demonizziamo “lo straniero” a priori.

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