sabato 16 febbraio 2008

Matti da Slegare


Nell’ultimo periodo si ha come l’impressione di voler fare un passo indietro, di regredire e abbandonare tutto quello che di positivo è stato fatto, riportando, o meglio, cercando di far regredire l’umanità, ad uno stadio involutivo.

Il 13 Maggio 1978 in Italia venne promulgata la legge 180, meglio nota come legge Basaglia dal suo promotore (Franco Basaglia 1924-1980), importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi regolando il trattamento sanitario obbligatorio ( noto come TSO), modificando i manicomi in sevizi di igiene mentale pubblici.

La legge arriva dopo i movimenti anti-psichiatrici di quegl’anni che guidarono alla cosiddetta rivoluzione psichiatrica, portando a considerare il malato mentale simile a tutti gli altri malati, dunque, bisognoso di cure mediche e umane.

Fino al 1978 il manicomio rappresentava l’unico luogo dove “curare” il malato psichico, attraverso pesanti terapie farmacologiche, oppure attraverso l’uso dell’elettroshock, tecnica terapeutica brutale e soprattutto inefficace.
La legge 180, dunque, è una legge importantissima che regola e soprattutto aiuta chi è affetto da malattia mentale, non discriminandolo e curandolo come ogni essere umano ha il diritto di esser curato.

Nel corso degl’ultimi anni, però, a qualcuno questa legge non piace, molte sono le critiche e i tentativi di revisione della legge, come la proposta di legge Burani-Procaccini, dove si privilegiava la difesa sociale ed il controllo, riprendendo il concetto di pericolosità; prevedendo l’inserimento coatto in una struttura protetta quando i comportamenti di una persona affetta da disturbi mentali costituisce un rischio per sé o per gli altri, inoltre, stabilisce la differenza tra divisioni ospedaliere psichiatriche e servizi territoriali, azzerando quello che sanciva la legge 180, sulla centralità territoriale e integrazione degl’interventi in salute mentale.
Inoltre la proposta di legge Burani-Procaccini prevede l’uso del trattamento sanitario obbligatorio urgente (TSOU) anche per affezioni non psichiatriche come patologie fisiche o per soggetti ultrasessantenni.

Sostanzialmente, fare non un passo, ma due passi indetro, infatti, questa proposta di legge rassomiglia molto a quella gia presente in Italia nel 1904 , quando il parlamento approvò la legge 36, per regolamentare il problema della cura e custodia dei folli; anche nella legge 36 si fa riferimento alla pericolosità per se o per altri, aggiungendo anche, fonte di pubblico scandalo, in seguito il soggetto doveva esser rinchiuso, con provvedimento, non sanitario ma giurisdizionale, in manicomio per esser custodita e curata.

In questi trent’anni si è assistito, dal nord al centro e al sud, a esperienze di grande livello qualitativo che molti paesi del mondo stanno imitando, che portano il nostro Paese avanti a tutti e punto di riferimento, senza contare l’aiuto vero che si da a tutte quelle persone che finalmente si sentono libere di esser folli, senza l’oppressione di sentirsi diverse.

Riporto un pezzo tratto da " Conferenze Brasiliane" ( 1979)

«Quando entrai per la prima volta in una prigione, ero studente in medicina. Lottavo contro il fascismo e fui incarcerato. Mi ricordo della situazione allucinante che mi trovai a vivere. Era l'ora in cui venivano portati fuori i buglioli dalle varie celle. Vi era un odore terribile, un odore di morte. Mi ricordo di aver avuto la sensazione di essere in una sala di anatomia dove si dissezionano i cadaveri. Quattro o cinque anni dopo la laurea, divenni direttore di un manicomio e, quando entrai là per la prima volta, sentii quella medesima sensazione. Non vi era l'odore di merda, ma vi era un odore simbolico di merda. Mi trovai in una situazione analoga, una intenzione ferma di distruggere quella istituzione. Non era un problema personale, era la certezza che l'istituzione era completamente assurda, che serviva solamente allo psichiatra che lì lavorava per percepire lo stipendio alla fine del mese.»

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